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martedì 4 gennaio 2011

Il sogno mortale

“Dottore, dottore sono nei guai, mi deve fare un favore!”
Era Vostok, il gestore di uno stabilimento balneare versiliese, che si rivolgeva ad un suo abituale cliente.
Questo era il soprannome che gli avevano affibbiato gli amici, perché era nato nel 1961 nei giorni del lancio del primo uomo nello spazio, il russo Jurij Gagarin e Vostok era il nome della navicella spaziale.
Suo padre, un fervente ammiratore del socialismo reale, nell’enfasi dell’evento, pensò di mettere al figlio il nome dell’astronauta. Il nome? Non conoscendo il russo fece confusione ed invece di chiamarlo Jurij gli mise nome Gagarin, facendo ridere tutto il quartiere.
“Dimmi Vostok che ti succede?”
Gli spiegò che aveva concluso un accordo con il direttore del Grand Hotel perché mandasse i clienti dell’albergo al suo bagno e quel giorno arrivava il primo, solo che:
“La mi’ moglie e accidenti alla mi’ socera che l’ha fatta se n’è dimenti’ata, ha affittato tutti gli ombrelloni ed ora un so ’ome fa.”
Quando s’innervosiva accentuava ancor più l’accento toscano e poi soggiunse con un po’ di imbarazzo:
”Lei dottore è solo e dovrebbe farmi la cortesia, sempre che non la disturbi troppo, di ospitarla sotto il suo ombrellone e magari farle usare la cabina, pochi minuti s’intende, solo il tempo di spogliarsi.”

Il dottore era uno scapolo sui trentacinque anni, un tipo pignolo e schizzinoso, dividere la cabina con un’altra persona non era una cosa che gli andasse molto a genio, d’altronde erano diversi anni che conosceva Vostok, un vero stacanovista, tanto per rimanere in tema sovietico, che teneva lo stabilimento sempre in ordine e sempre pulito. Non poteva negargli questo favore.
“Ma non sai chi sia questa persona?”
“No dottore, ma se vuole m’informo.”
“Va bene portala da me e speriamo che non sia logorroica.”
“Logo… logo cosa? Che è una nuova malattia? “
“Lascia perdere.”
E ridendo soggiunse:
“Questo favore ti costerà caro!”

La battuta non era casuale Vostok era un brav’uomo, ma tirchio come non mai, ti faceva pagare anche l’aria che respiravi, per tenere una piccola barca a vela sulla spiaggia aveva chiesto una cifra come se fosse un transatlantico.
Avviandosi verso il suo ombrellone il dottore pensava: se alloggia da sola al Grand Hotel, sarà certamente una vecchia e ricca vedova, una di quelle donne capaci di spararti cento parole al secondo, oppure un vecchio industriale in pensione che ti vuole raccontare tutti i suoi trascorsi. Sai che noia.
Stava sfogliando il giornale quando vide arrivare Vostok con un lettino ed una signora al seguito. Non poteva sapere se fosse ricca o vedova ma, certamente, non era vecchia, anzi, tutt’altro.
“Mi scusi, dottore, mi hanno spiegato l’equivoco e della sua gentilezza.”
Esordì con un inequivocabile accento triestino ed anche l’aspetto era decisamente nordico, alta, occhi chiari, capelli biondi e fluenti sulle spalle, insomma una bella “mula”, come direbbero i suoi concittadini.
Il dottore alzandosi in piedi e presentandosi:
“Non si deve scusare, signora, è un piacere rendermi utile e poi sono solo e lo spazio non manca.”
”Ma prego si accomodi, scelga il posto dove stare, non si preoccupi, si metta pure a suo agio.”
Vostok allontanandosi pensava:”Ma guarda tu il dottore che fortuna …. e volevo vedere se era vecchia e brutta, se faceva tutti quei salamelecchi.”
Conversarono del più e del meno e le domandò:
”Come mai, signora, è venuta in Versilia? Anche dalle sue parti c’è un bel mare.”
Gli rispose che voleva concedersi alcuni giorni di riposo lontano dal solito ambiente, insomma staccare la spina per ritemprarsi.
Scoprirono che avevano almeno un punto in comune: la passione per la vela. Anche lei possedeva una barca a vela che usava insieme alla sorella nelle regate formando un equipaggio tutto al femminile.

Un uscita in barca era proprio quello che ci voleva per rompere il ghiaccio.
Era veramente pratica ed in pochi minuti armarono e misero in mare la deriva del dottore e, mentre si avviavano a largo, incrociarono la barca dell’ammiraglio, anch’esso un vecchio cliente del bagno, che, come saluto “alla voce”, disse:
“Nostromo hai a prora una bellissima polena!”e aggiunse: ”Stai attento il vento sta cambiando.”
L’ammiraglio aveva più di ottant’anni ed usciva ancora da solo con la sua barca. Negli anni indietro, aveva insegnato al dottore come manovrare le vele e governare le derive.
Nelle loro prime uscite lo chiamava mozzo, poi venne il giorno della consacrazione in cui gli disse: da oggi sei promosso nostromo prendi il timone e andiamo.
“Ammiraglio!”Esclamò Lidia, la giovane signora.
”Grazie per il complimento, sono un’esperta velista e so bene cosa sia la polena.”
“Un velista donna! In che tempi viviamo! Ora ci sono anche i marinai femmine! ”
E facendo una virata da fare invidia si allontanò borbottando:
”Queste cose ai miei tempi non succedevano! Le donne stavano nei porti!”.

Divertiti per il siparietto i due si allontanarono dalla costa e giunti quasi ad un miglio dalla riva, Lidia, si tolse la parte superiore del due pezzi dicendo:
“Voglio un’abbronzatura perfetta e non voglio che dai vestiti mi si vedano i segni del costume.”
Era una cosa abbastanza normale e non era certo la prima volta che a Valerio, il dottore, gli capitava, ma nell’occasione si distrasse un po’ troppo ed un improvviso e violento colpo di vento provocò una strambata che rovesciò la barca e tutti in mare! Ma che figura fare scuffia!
Fortunatamente la ragazza era abile ed in poco raddrizzarono la barca, ricuperarono i salvagente, il reggiseno e, avviandosi verso terra, Valerio già pensava a cosa gli avrebbe detto l’ammiraglio …..

L'ammiraglio era come un nonno per lui, lo conosceva da anni, fin da quando era piccolo, gli aveva insegnato ad andare in barca, a come fare i nodi alle cime, a scrutare il cielo per capire il tempo, perfino a pescare a traino e francamente un suo rimprovero, per quanto bonario, gli dispiaceva non poco.
Avevano appena alato la barca che udì la voce dell’ammiraglio:
”Valerio vieni un po’ qui, bella manovra hai fatto! Non hai ancora imparato a navigare! E sei anche andato a fare i campionati nazionali! Ti degrado a sottomozzo.”
“Ma, ammiraglio, non è tutta colpa mia la polena si è spogliata ed allora io mi sono distratto .…”
“L’ho sempre detto che le donne a bordo portano sfiga!”
Poi continuò:
”E’ bella e ti piace vero?”
“Beh, si mi piace.”
“Sai che ti voglio bene come a un nipote e questo è solo un rimprovero per la tua leggerezza, per il futuro stai più attento il mare difficilmente perdona gli errori, nella strambata il boma poteva colpirti alla testa!”
E, ridendo, aggiunse:
”Ora vai da lei e sempre in alto la bandiera della Marina!”
“Ai suoi ordini ammiraglio!”

Valerio, in tutte le maniere, voleva organizzare una serata brillante e divertente con Lidia, ma era già tardi per prenotare da qualche parte, quando si ricordò che il cognato di Vostok lavorava al Twiga il noto locale di Briatore e soci.
“Vostok mi devi prenotare un tavolo per due al Twiga per stasera”
“Ma dottore! Ma ha visto che ore sono?“ protestò.
“Tuo cognato Popoff, o come diavolo si chiama, lavora in quel locale digli che devi fare un favore ad un cliente”
Vista l’incertezza del gestore Valerio gli fece una proposta che, data la sua tirchiaggine, difficilmente avrebbe rifiutato.
“Senti io dopodomani parto per gli Stati Uniti, sto via un paio di settimane e poi vado in ferie, tu affitti all’albergo il mio ombrellone, che ti ho già pagato per tutta la stagione, e l’ombrellone che dovevi assegnare al Grand Hotel lo dai ai clienti di passaggio, così guadagni tre volte.”
“Dottore, a parte che mio cognato si chiama Giulio e non Popoff, lei pensa che io farei una cosa del genere?”
“No, Vostok, non lo penso: ne sono certo!”
Scoppiarono tutti e due a ridere e dopo poco il tavolo era prenotato.
Tornando all’ombrellone disse a Lidia:
“Mi devo far perdonare per quello che è successo oggi, stasera sei invitata al Twiga, mi hanno già riservato un tavolo.”
”Non so se posso accettare”
“Hai altri impegni?”
“No.”
“Allora accetta in nome della nostra stessa passione velista.”
In fondo, pensò lei, anche se lo conosco da poche ore, sembra un bravo ragazzo, educato ed anche carino, cosa che non guasta, anzi, a pensarci bene, mi piace. Una serata diversa e in buona compagnia mi aiuterà a dimenticare i problemi che ho lasciato a Trieste.

Valerio era il fortunato possessore di una Ferrari d’epoca di cui era gelosissimo, non che avesse un grande valore commerciale, ma era pur sempre una cabrio rossa con interni in pelle color crema, l’usava solo raramente e questa gli parve l’occasione giusta per tirarla fuori dal garage e farle sgranchire un po’ i pistoni.
Entrò nel giardino del Grand Hotel col rombo del motore che è musica sinfonica per i ferraristi e scendendo dalla macchina disse al portiere, allungandogli una buona mancia:
“Mi raccomando se, quando torno, ci trovo un graffio compro questa stamberga che chiamate Grand Hotel a cinque stelle e vi licenzio tutti.”
Era chiaramente una bufala, ma ad uno che ti arriva con un Ferrari un certo credito bisogna pur darglielo.
Attese che Lidia scendesse nella hall e quando la vide rimase senza parole.
L’aveva vista la mattina in barca pressoché nuda, una bella donna senza alcun dubbio, ma in fondo ce ne sono molte di belle donne. La bellezza non è tutto, la bellezza senza classe vale ben poco e Lidia di classe ne aveva da vendere.
Il vestito con un scollo a V e uno spacco malizioso, tipo vedi e non vedi, una collana e degli orecchini di ottima fattura, ma non appariscenti, un trucco perfetto che, pur nella sua leggerezza, metteva in risalto i tratti del viso, degli occhi e delle labbra, ma quello che affascinava di più era il suo portamento, il suo modo di incedere, la sua gestualità e soprattutto il suo sguardo.
Attraversò la hall sotto gli occhi interessati degli uomini e quelli invidiosi delle donne, ma lei non se ne curava.
“Scusa se ti ho fatto attendere.”
Valerio era uno a cui non piaceva aspettare e non era neanche abituato ad aspettare, ma Lidia l’avrebbe attesa per ore.

Trascorsero la serata in allegria tra cena e musica. Il locale era frequentato, ovviamente, da personaggi più o meno noti, ma non era certo il posto adatto ad una conversazione più raccolta ed intima per due persone che si volevano conoscere.
Presero l’auto e si avviarono sul lungomare, la serata era calda e viaggiare con la capote abbassata era un piacere, dopo qualche minuto di silenzio lei disse:
“Valerio mi spieghi come è fatta la tua casa, nel locale c’era confusione e non ho ben capito”
La casa di Valerio era molto strana e rispecchiava un po’ il carattere dell’uomo sempre in bilico tra passato e futuro, tra novità e tradizione, tra sogno e realtà, era difficile da spiegare senza vederla e così Lidia, incuriosita, espresse il desiderio di andarci.

Era un appartamento che occupava tutto l’ultimo piano di un palazzo, che era anche l’edificio più alto della zona.
A prima vista l’impressione era quella di una normale casa, ma, una volta entrati, sembrava di fare un salto indietro nei secoli, l’arredamento era composto da mobili e quadri antichi del ‘500 e del ‘600, illuminazione soffusa e tremolante, candelieri medievali, lucerne ed altro vasellame in terracotta romana ed in bucchero etrusco, caminetti in ogni stanza e i letti a baldacchino nelle camere completavano il tuffo nel passato.
Beh, in Italia ci sono molte case con arredamento antico, infatti, la vera sorpresa era un’altra.
Nella sala, in una parete interna, era stata inserita una porta ad anello tipo Stargate, per intendersi, che dava direttamente su un ascensore velocissimo che portava alla sovrastante terrazza, al cui centro c’era una semisfera costruita con quel vetro antiriflesso, leggermente scuro, che permette la visione pur impedendo di far entrare il calore.
Un sofisticato software, a controllo vocale, permetteva di aprire e chiudere finestre, sentire la musica preferita, accendere, spengere, cambiare canale alla tv e tante altre funzioni, il tutto pronunciando semplici parole. Non era una novità assoluta, all’estero la domotica, che poi era il lavoro di Valerio, con le sue soluzioni tecnologiche per la casa, proiettate nel futuro, era più sviluppata che in Italia e, da noi, probabilmente, quella era l’unica abitazione che seguisse i canoni futuribili.
Dall’interno della semisfera, arredata in stile plancia dell’Enterprise, si godeva un panorama a trecentosessanta gradi di mare e di monti e, nelle notti serene, lo spettacolo del cielo era grandioso: sembrava di stare al centro dell’universo.
Sul volto di Lidia erano ben visibili la sorpresa, l’emozione e la curiosità:
”Perché questo contrasto di stili?”domandò.
Le rispose che aveva voluto rappresentare il tempo e la vita, dal passato statico immodificabile nel bene e nel male, del piano sottostante, al presente sfuggente nella rapidità dell’ascensore, quasi fosse un tunnel spaziotemporale, e qui, in questa finestra sul cosmo, il futuro con tutto il suo carico di incertezze e di sogni.
“Lidia, sarà forse un po’ banale, ma ho chiamato il computer Hal 9000 che è il nome del computer di bordo della nave spaziale del film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick”
“Hal 9000 questa è Lidia, puoi eseguire i suoi comandi.”
“Ok Valerio. Benvenuta a bordo Lidia.”
Mentre si divertivano a provare tutti i comandi, puntualmente eseguiti dal computer, Valerio lasciò al software la scelta dei brani musicali, certamente il caso li portò ad ascoltare una coinvolgente musica polinesiana: la danza del tamurè e poi la struggente melodia delle chitarre hawaiane di Santo & Johnny.
Al suono della musica esotica si sommavano i giochi surreali di ombre evanescenti creati dalla luce della Luna e da quella delle stelle, un’atmosfera da sogno che coinvolse i due al punto che si trovarono abbracciati e si baciavano senza neanche averlo voluto.
Il bacio fu di brevissima durata, Lidia si allontanò di scatto e cominciò a piangere.
Valerio, sorpreso dalla reazione della ragazza, non capiva come un bacio così innocente potesse sconvolgerla fino a quel punto.
Quando con voce piangente Lidia gli disse:
”Valerio non ti ho raccontato tutto di me e me ne dispiace, sono sposata e amo mio marito o forse no, ora non lo so più. Ho litigato per l’ennesima volta con lui e sono scappata qui in Versilia avvisando solo mia sorella.”
La ragazza era così affranta che Valerio pensò di farla parlare, in modo che potesse sfogarsi, e le chiese quale fosse il motivo dei litigi.
”Mio marito è di una gelosia ossessiva, mi segue dappertutto, controlla le mie telefonate, non posso salutare neanche i miei vecchi compagni di scuola né i miei colleghi di lavoro, senza subire interrogatori degni della Cia. Una vita d’inferno, non mi posso neanche vestire come meglio credo, non ce la faccio più. Non l‘ho mai tradito ma, questa volta, ero ben decisa a farlo. Quando ci siamo baciati mi sono resa conto che la mia era solo una sterile vendetta, un insulto gratuito a lui, a te e a me stessa.
Che bella figura stai facendo, mi sono detta, vuoi fare l’amore con un uomo che conosci da poche ore, coinvolgendolo, ignaro, nella tua rabbia, tradisci tuo marito e, per di più, fai la figura della donna di facili costumi. Sei sicura che sia questo quello che vuoi?”
Valerio non credeva alle proprie orecchie, una donna sicura di sé e disinibita, che si creava tutti questi scrupoli!
Ma allora era tutta apparenza!
Da quel momento la guardò sotto un’altra luce, in effetti era rimasto abbagliato dalla sua bellezza esteriore, dalla sua classe e, solo ora, si accorgeva che c’era ben altro: un’anima sensibile ed onesta.
Mentre la riaccompagnava in albergo scoprì che aveva un ruolo dirigenziale in un importante tour operator.
“Senti Lidia domani parto per gli Usa sto via due settimane e dopo vado in ferie una quindicina di giorni, perché non mi organizzi una bella vacanza al mare dove meglio credi?”
“Ti telefono, quando torno.”
“No è meglio che telefoni a mia sorella …. a scanso di sorprese con mio marito.”
Lidia entrò nella hall e Valerio si chiese se l’avrebbe rivista.
Il viaggio in America fu estenuante, saltare da un aereo all’altro, seguire conferenze e riunioni, ma ciò non impedì a Valerio, nei rari momenti di relax, di pensare con rammarico a Lidia. Povera ragazza, una vita davvero grama con quel marito paranoico. Chissà se gli avesse organizzato il viaggio per le ferie ma non osava telefonarle, per non metterla nei guai, e non voleva disturbare oltremodo la sorella che non conosceva.
Al rientro la prima cosa che fece fu proprio quella di telefonare, compose il numero della sorella e, sorpresa, fu proprio Lidia a rispondergli:
“Ciao Valerio! Bentornato! Come stai? Rifai le valigie che dopodomani partiamo!”
“Ciao Lidia che piacere sentire la tua voce!”
“Un momento hai detto partiamo?”
“Si, se mi ci vuoi, dopo l’ultimo litigio mi sono liberata di mio marito, ha oltrepassato ogni limite e sono venuta ad abitare, provvisoriamente, da mia sorella. Ho bisogno anch’io di una vacanza e voglio andare il più lontano possibile dall’Italia”
“ Certo che voglio fare la vacanza con te! E dove andiamo di bello?”
“A Bora Bora”
“A Bora Bora! La terra è tonda e se vuoi recarti ancora più lontano dall’Italia bisogna andare sulla Luna!”

Nella mente di Valerio, come nei quadri di Gauguin dove il colore si chiude in zone, in modo che la scena sia in superficie e dove si annulla ogni rapporto tra spazio e volumi, cominciarono a prendere forma, sovrapponendosi, immagini colorate di isole ed atolli polinesiani, ballerine di tamurè danzanti attorno ad un fuoco acceso sulla finissima spiaggia bianca, musica esotica, capanne di foglie, palme da cocco ed una laguna, una laguna blu come quella del film, in un’isola da sogno.

L’isola dove uno per tutta una vita agogna di andare per sfuggire alla routine del lavoro esasperato, alle relazione sociali spesso inutili ed ipocrite, a certa politica squallida, alla noia e allo stress di una vita spesa solo per aumentare il proprio tenore di vita.

Era immerso in questi pensieri quando fu bruscamente riportato alla realtà dalla voce squillante di Lidia:

“ Ehi! Ci sei ? O sei svenuto?”

“Ci sono, ci sono! Da dove partiamo?”

“Dopodomani da Fiumicino”.

Si incontrarono al check-in dell’aeroporto e si abbracciarono come se si conoscessero da anni, appena il tempo per i saluti che l’altoparlante annunciò il loro volo e, passando davanti ad un cartellone pubblicitario di un noto amaro, ridendo felici all’unisono esclamarono:

”Cosa vuoi di più dalla vita?” E si avviarono al gate.

Il viaggio aereo era lunghissimo tanto che, dopo aver conversato per alcune ore si addormentarono pensando alla vacanza e alla loro vita futura.



Il giorno dopo un flash d’agenzia.



A Bora Bora, quando in Italia erano le ore ventitré è precipitato in mare un aereo in fase di atterraggio non ci sono superstiti. Tra i passeggeri c’erano due italiani. Le autorità hanno aperto un inchiesta per accertare le cause dell’incidente.

Versilia.

“Buongiorno Vostok, sono tornato, anzi, siamo tornati, il mio ombrellone è libero o te lo sei venduto?”

”Dottore! Signora Lidia! Felicissimo di rivedervi e l’Ammiraglio lo sarà ancora di più! Non faceva altro che pensare a voi.”

L’ammiraglio malgrado la sua età arrivò di corsa e abbracciandoli:

“Valerio! Lidia! Che piacere rivedervi! ”

Vostok :

“Oggi è festa grande! Siete tutti invitati a pranzo!”

L’ammiraglio:

”Adesso dovete raccontarmi tutto per filo e per segno, vedo che sprizzate felicità da tutti i pori!”

Lidia:

“Tutto, tutto?” E aggiunse ridendo:”Un po’ di privacy …. che diamine!”

Valerio cominciò a raccontare che una volta arrivati a Papeete Lidia, avendo conoscenze nei tour operator, per il suo lavoro, aveva pensato bene di sfruttarle, trascinandolo in una bella avventura: avevano noleggiato una barca a vela di dodici metri e avevano fatto rotta su Bora Bora.

La distanza tre le due isole è di circa centoquaranta miglia nautiche, ma avevano preferito fare il viaggio a tappe scalando la piccola isola di Maiao, successivamente Raiatea ed infine Bora Bora.

Prima di noleggiare la barca, Valerio dubbioso:

“Lidia, sei sicura di voler andare per via mare, con una barca che non conosciamo, in un mare che non conosciamo?”

“Io in fondo, anche se ho fatto molte regate, ho solo esperienza sulle derive, solo saltuariamente sono stato su barche più grandi.”

“Senti Valerio con mio padre, prima e poi da sola, ho girato tutto il mediterraneo in lungo e in largo, per anni, su una barca simile a queste due che ci hanno proposto, abbiamo chiesto le previsioni ed il tempo si manterrà buono per tutta la settimana e poi vuoi mettere la soddisfazione di navigare nell’oceano Pacifico!”

Le barche erano pressoché identiche ma Lidia, dopo averle guardate, a colpo sicuro, indicò quella che voleva.

Valerio che, come sappiamo, era un tipo alquanto schizzinoso e meticoloso, cercò un paio di persone che l’aiutassero a pulire la barca e così trascorse il pomeriggio tra secchi e detersivi, non trascurando di controllare scrupolosamente le apparecchiature radio, il motore, il salpa ancore, le sartie, le cime, le vele, l’albero, il boma ed i livelli dei serbatoi, insomma tutte le dotazioni di bordo e soprattutto le dotazioni di sicurezza.

Lidia era scomparsa da alcune ore, indaffarata a fare i rifornimenti per la cambusa o almeno così credeva lui.

La sera era tutto pronto ed in ordine, stanchissimi per il lungo viaggio aereo, per il cambiamento di fuso orario e per il lavoro svolto, si addormentarono senza avere neanche il tempo di augurarsi la buona notte.

L’indomani mattina:

“Sveglia, poltrone, è l’ora di partire!” E ridendo:”Ti ho già preparato la colazione”

Mentre era in coperta ed ammirava il panorama fantastico di Tahiti, alla luce del sole mattutino, pensò che sarebbe stato meglio che fosse Lidia a prendere il timone, dato che aveva maggior esperienza di navigazione con quel tipo di barca, ma non glielo avrebbe mai detto direttamente e allora:

“Senti Lidia, hai intenzione di prendere il sole alla tua maniera? Se sì, visti i precedenti, è meglio che al timone ci sia tu.”

Poteva anche essere presa per una battuta, ma lei la prese sul serio o, forse, volle prenderla sul serio.

“Non rinuncio affatto ad avere un’abbronzatura perfetta”

E così dicendo s’installò nel pozzetto di poppa tenendo ben salda la barra del timone e lasciando Valerio a chiedersi che tipo di donna fosse e quale ciclone si stesse addensando sulla sua testa, l’aver lasciato “quel” marito le aveva dato nuova energia e sicurezza di sé.

“Issa la randa, salpa l’ancora, molla la cima e adesso cazza il fiocco”

Ordinò con un tono che non ammetteva repliche e la barca lasciò lentamente l’ormeggio.

Quando una barca esce dal porto è normale che gli altri, magari dissimulando, guardino le manovre effettuate, ma questa volta l’interesse era palpabile e francamente sembrava eccessivo.

“Lidia ma che hanno da guardare?”

“Oh niente, di solito nessuno esce a vela da questo porto tutti usano il motore, è molto più facile e meno pericoloso.”

“E proprio noi dobbiamo uscire a vele spiegate?”

“Dove credi che sia stata ieri tutto il pomeriggio? Ho fatto una ricognizione insieme a Gianni, il nostro corrispondente a Tahiti, ho guardato dove fossero gli scogli, i bassifondi, quale canale seguire e poi ho tracciato sulla carta la rotta che dovremo fare.”

“Ehi! signora, cosa credi di comandare il Bounty!”

“Quasi”

“Quasi? Come sarebbe a dire quasi ?”

“Ma non hai visto come si chiama questa barca?”

Valerio, con tutto il lavoro che aveva avuto da fare il giorno precedente, principalmente sotto coperta, non ci aveva fatto caso e così si sporse fuori bordo per leggere il nome e manca poco cade in acqua per le risate. La barca si chiamava “Bounty II”.

“Ecco perché l’ho preferita all’altra. Navigare nei mari polinesiani ed arrivare a Bora Bora su una barca che si chiama Bounty, è anche il sogno della mia vita, non credo che ci ricapiterà più e sicuramente non lo scorderemo.”

“Adesso stai attento che dobbiamo fare almeno quattro virate al centimetro, così facciamo schiattare di rabbia quegli stronzi di francesi e di inglesi che erano ormeggiati accanto a noi e che ci guardavano con aria di sufficienza. Fai attenzione che non ci siano scogli sommersi.”

Che caratterino la signora, pensò Valerio, e gli sfiorò il dubbio che, forse, le colpe della separazione non fossero tutte del suo ex marito.

L’uscita andò bene salvo un momento di tensione quando, all’ultima virata, sfiorano, senza urtarlo, per fortuna, uno scoglio sommerso che avevano visto con un po’ di ritardo.

Gli Alisei che, in questa emisfero spirano da sud-est verso nord-ovest, erano proprio a favore della loro rotta e, con il mare tranquillo, in barca non c’era molto da fare, bastava controllare che tutto procedesse per il meglio e il tempo a loro disposizione era abbondante.

In fondo Lidia e Valerio era poco che si conoscevano ed anche se gli avvenimenti si erano succeduti con un ritmo così incalzante tanto da dare l’impressione che fossero anni, in effetti, fra tutto, erano meno di cinque giorni che si frequentavano.

Erano seduti in silenzio l’uno accanto all’altro nel pozzetto della barca ed ora che potevano rilassarsi Valerio notò negli occhi di Lidia un velo di tristezza, certamente pensava a quello che aveva lasciato in Italia, una separazione è pur sempre un fallimento e, forse, era anche preoccupata che, per le lungaggini del divorzio, avrebbe dovuto rivedere spesso il suo ex marito.

Si mise alla disperata ricerca di un argomento che la riguardasse, ma che nello stesso tempo non urtasse la suscettibilità della ragazza.

Le avrebbe voluto chiedere come fosse giunta alla conclusione di lasciare il marito e se fosse sicura della decisione presa ma, si disse, che era meglio che in questo discorso c’entrasse lei.

Poteva parlare di sé e del suo lavoro, ma gli sembrava di fare la figura del presuntuoso, alla fine la prese molto alla larga e la mise sull’affetto familiare.

“Lidia perché non mi parli un po’ di tuo padre e della tua famiglia, devi sapere che io sono rimasto orfano abbastanza giovane ed anche i miei nonni non ci sono più, non ho fratelli né cugini, in pratica sono solo e questo ti spiega perché sia così affezionato all’ammiraglio e come senta il bisogno di ascoltare storie familiari come la tua.

Mi farebbe piacere conoscere qualche racconto di quando tuo padre ti portava a giro in barca e, da quello che ho visto, devo dire che ti ha insegnato molto bene.”

Aveva toccato l’argomento giusto, i suoi occhi ripresero a brillare e gli disse che il maggior disappunto di suo padre era di non avere figli maschi a cui lasciare la sua modesta attività di piccolo armatore, ma questo non gli aveva impedito di trasmettere alle figlie la sua passione per il mare, le portava, fin da piccole, quanto più spesso possibile in barca, anche con mare agitato, suscitando le preoccupazioni della madre.

Papà insisteva nel dire che ci stava insegnando un mestiere e, se tutto fosse andato male nella vita, avremmo sempre potuto fare le skippers.

Nei nostri viaggi ci siamo spinti ad est fin nel mar Nero, ad ovest, attraversata Gibilterra e bordeggiando la costa africana verso sud, siamo arrivati alle Canarie.

“Ah! Ora capisco l’uscita dal porto a vele spiegate! Hai voluto dare una lezione a tutti, me compreso, di come si vada per mare.”

Lei sorrise maliziosamente:

”Beh, con tutti i guai che ho avuto ultimamente, qualche innocente soddisfazione lasciamela togliere.”

Giornata tranquilla a Maiao, avevano sfruttato la brevità del viaggio per prendere confidenza con la barca. Cenarono in un piccolo ristorante poi, non avendo ancora smaltito la differenza di fuso orario e avendo l’indomani da percorre il tratto più impegnativo, si coricarono presto.

Partiti all’alba da Maiao avendo per un po’ controllata la rotta, si alzò e, abbandonando il pozzetto, disse:

“Valerio prendi il timone che io vado a stendermi al sole a prua.” E aggiunse con una buona dose d’ironia:

”Vado a prua così non mi vedi, questa barca non riusciremmo a raddrizzarla facilmente.”

Appena gli voltò le spalle, avviandosi verso prua, con nonchalance, si sfilò il reggiseno.

Non c’era alcun dubbio, non lo stava provocando, ma lo stava prendendo in giro e alla grande.

Valerio ci rimase un po’ male e pensò che la signora stesse esagerando e che avesse bisogno d’una piccola lezione:

“Lidia! Lidia! Guarda qui!”

Esclamò con tono volutamente preoccupato, tanto che lei si girò di scatto.

“Che succede Valerio?”

Il panorama che lei stava mostrando era notevole, ma assumendo un’ espressione annoiata e sfoderando un sorriso beffardo disse:

“Oh niente, niente d’importante, una cosuccia da poco, volevo solo vederti”

Lidia non profferì parola ma gli lanciò un’occhiata che avrebbe incenerito l’intera foresta amazzonica. Si sdraiò al sole e per diverso tempo non la vide e non la sentì.

D’altronde se l’era voluta anche se lo scherzo, ad onor del vero, non era molto raffinato, ma da un toscano aspettati sempre qualche battuta salace, specie se lo provochi, non dimentichiamo che la Toscana è la patria di Boccaccio.

Malgrado queste piccole ripicche, Valerio, in cuor suo, si sentiva più tranquillo, con tutta quell’esperienza di Lidia il tratto che dovevano percorrere, in mare aperto, era ben poca cosa.

Dopo alcune ore di navigazione avevano raggiunto quel punto in cui, per quanto uno si guardi intorno, vede solo mare e cielo, cielo e mare ed ogni riferimento terrestre è scomparso.

I velisti che navigano in solitario alla domanda perché lo facciano, rispondono quasi tutti che lo fanno per mettersi alla prova e per cercare loro stessi.

E’ vero, ma solo in parte, la motivazione è più profonda: cercano “Qualcosa”, che non sanno cosa sia, dove possa essere e che, forse, neppure esiste.

Il nostro pianeta è un punto insignificante nell’immensità dell’Universo e l’uomo è un piccolo punto sperduto nell’oceano, ma esiste, ma perché esiste? Che senso ha la vita dell’uomo, che, per quanto lunga sia, è un niente in confronto ai tempi cosmici, che si misurano in miliardi di anni?

Valerio pur riconoscendo di essere in un periodo invidiabile e forse irrepetibile della sua esistenza, perché stava realizzando il sogno della vita veleggiando nell’oceano più grande del mondo, nell’arcipelago più famoso della Polinesia e in compagnia di una bella donna, provava un senso d’ insoddisfazione.

Era solo al mondo, non aveva affetti sentimentali stabili, faceva un lavoro interessante ed ultramoderno, ma con quale fine? Giunse alla conclusione che la sua vita era vuota ed insignificante.

Quando si è in mare, la terraferma, anche se vista in lontananza, porta sollievo, si vede in essa un approdo sicuro, un riferimento certo, un posto dove riprendere una vita normale.

L’uomo ha bisogno di certezze e quando tutti i riferimenti, come nel mare aperto, vengano a mancare, vuol trovare queste certezze o nell’alto dei cieli o nella profondità del suo io, ma, il più delle volte, il risultato della ricerca è deludente.

Immerso in questi pensieri esistenziali, si accorse con un attimo di ritardo che la vela sbatteva, rimediò immediatamente, ma, un secondo prima, la voce inesorabile di Lidia:

“Poggia la barca e cazza la randa, non senti che sbatte e, poi, controlla la rotta.”

L’avrebbe strozzata non tanto perché glielo avesse detto, ma per il fatto che avesse ragione.

“Valerio blocca il timone e vieni sottocoperta che ho preparato qualcosa da mangiare”

“Bene finalmente si mangia! Che hai preparato di buono?”

“Puoi scegliere tra tonno e carne in scatola.”

Lui, credendo di fare lo spiritoso:

“E per contorno?”

Lei serafica: “Fagioli, in scatola naturalmente. Mangia pure abbondantemente, ho comprato scatolame per trenta giorni.”

Valerio che, oltre ad essere un buongustaio, era anche una buona forchetta, replicò sconsolato:

“Quand’è che attracchiamo a Bora Bora?”

Bora Bora si trova a circa 16° gradi di latitudine sud e quindi in piena zona tropicale dove il giorno dura più o meno sempre dodici ore e i tramonti e le albe sono brevissimi tanto che in pochi minuti si passa dal giorno alla notte o viceversa.

E’ l’inclinazione dei raggi solari, rispetto alla superficie terrestre, che provoca il crepuscolo dando ancora un po’ di luce dopo il tramonto. Più ci si avvicina ai poli e più lungo è il crepuscolo, mentre nella zona tropicale, essendo i raggi solari perpendicolari o quasi alla superficie della terra, il fenomeno è molto ridotto.

Fu questo un motivo di discussione tra i due. Essendo decisamente in anticipo sull’orario, Lidia insisteva per puntare direttamente su Bora Bora ma, secondo Valerio, rischiavano di arrivare al tramonto, se non dopo, e di non aver luce sufficiente per entrare nella laguna in sicurezza. Visto che nessuno dei due c’era stato, non era il caso di correre rischi ed era consigliabile fare tappa nell’isola di Raiatea, decisamente più vicina, dove avrebbero potuto ormeggiare in tutta tranquillità.

“Non abbiamo alcuna fretta di arrivare a Bora Bora, andiamo a Raiatea e domani ripartiamo, in un paio d’ore arriveremo nella nostra isola dei sogni.”

Vista la risolutezza del suo compagno di viaggio, alla fine Lidia, per questa volta, dovette cedere e fu un bene perché il vento era un po’ calato e la velocità della barca si era ridotta.

Entrati nell’atollo di Raiatea, in una piccola baia in località Fetuna, gettarono l’ancora “e fu subito sera”, come recita una famosa poesia.

“Adesso, per favore, evita di dirmi che avevi ragione tu a voler venire qui!”

“No, non te lo dico …. tanto lo sai da sola”

“Va bene,va bene! Adesso preparo qualcosa per cenare”

“Benissimo e dimmi: il tonno in scatola come lo cucini stasera? Lesso, arrosto o alla griglia?”

Lidia ridendo:

”Ti devo confessare una cosa: a pranzo ero ancora un po’ indispettita, non solo per aver abboccato ingenuamente al tuo, chiamiamolo, scherzetto, ma soprattutto perché pensavo alle risate che ti sarai fatto alle mie spalle e ti ho mentito. Non ho comprato solo scatolame, ma anche formaggi, frutta, uno sformato e, dulcis in fundo, una torta e una bottiglia di champagne.”

Vendicativa la signora! Non era esattamente quello che si suol dire un pranzo luculliano ma, di fronte alla prospettiva di mangiare ancora tonno o carne in scatola, era una cenetta da leccarsi i baffi.

Finito di cenare e dopo aver brindato a loro stessi e alla riuscita della crociera, i loro sguardi si erano incrociati più volte, forse cercando di scrutare nel loro intimo le intenzioni e i sentimenti più remoti.

Sorseggiando lo champagne, Valerio le chiese perché avesse deciso di andare in vacanza proprio con lui; capiva la sua necessità di dare un taglio al passato, ma loro si conoscevano appena e avrebbe potuto scegliere un altro luogo ed altre amicizie.

“Senti Valerio sono due giorni che ci stiamo punzecchiando, vogliamo fare una tregua?”

“Si”

“Voglio essere sincera, ti racconto tutto quello che è successo al mio ritorno a Trieste, ma non mi prendere in giro, mi sto ancora leccando le ferite. Promesso?”

“Vai tranquilla”

Una violenta scenata con suo marito l’aveva messa in conto, ma non pensava che sarebbe arrivato a darle degli schiaffi e a insultarla in modo volgare. In quel momento capì che il loro rapporto era ormai logoro e che doveva lasciarlo.

Senza porre indugi uscì sbattendo la porta di casa e con le lacrime agli occhi si rifugiò dalla sorella Delia che, se anche aveva solo due anni più di lei, era pur sempre la maggiore e con lei poteva sfogarsi.

Le raccontò che il litigio di quella sera era dovuto alla sua fuga in Versilia e come l’avesse picchiata ed insultata, le parlò anche di Valerio e di come si fosse comportata in casa sua.

“Sei stata un’ incosciente!” Le disse Delia: ”Passi per l’aver accettato l’invito a cena, ma, non contenta, insisti per farti portare a casa sua, ti lasci abbracciare e baciare, che praticamente era come dirgli portami a letto, poi ti ritrai, ti metti a piangere e tutto questo con una persona praticamente sconosciuta. Ti rendi conto che pericolo hai corso? A trent’anni dovresti avere abbastanza cervello per non metterti in queste situazioni. Sei stata molto fortunata a trovare una persona educata e comprensiva, pensa un po’ se avesse avuto il carattere di quel pazzo di tuo marito!”

E aggiunse:

“Tieni stretto questo Valerio, anche solo come amico, di persone così non ce ne sono molte in giro.”

Il giorno dopo era andata dall’avvocato per la pratica della separazione e gli aveva detto che si occupasse di tutto, perché quell’individuo non voleva più vederlo né sentirlo.

In ufficio, si era gettata a capofitto nel lavoro e si ricordò della promessa fatta a Valerio di organizzargli il viaggio per le vacanze, di solito non si occupava personalmente di queste cose, ma Valerio era un “cliente” speciale.

La voce della sua separazione si era sparsa rapidamente nell’ufficio e alle occhiate ammiccanti, ai risolini ironici delle colleghe che le chiedevano, malignamente, chi mai fosse questo cliente tanto importante da scomodare addirittura la direttrice, mentendo alla grande rispondeva:

”Solo una persona che ho conosciuto in Versilia.”

E per mascherare meglio:

”Ha un incarico molto importante e potrebbe portarci nuovi clienti, pertanto voglio fare bella figura.”

Ovviamente non fu creduta, ma il capo è sempre il capo e non si discute.

Tutti questi chiacchiericci e la paura di incontrare, anche casualmente, il suo ex marito, la convinsero che una vacanza le avrebbe sicuramente fatto bene. E se andassi nello stesso posto dove mando Valerio?

E’certamente da solo, perché mi disse che qualsiasi località al mare gli andava bene, purché avesse una camera singola.

Forse gli farà piacere o forse no, d’altronde anche se alloggiamo nello stesso albergo non è detto che ci si debba frequentare.

Sulla scrivania aveva una lettera di protesta di un cliente che diceva che nel loro albergo a Bora Bora gli avevano rubato la macchina fotografica e che voleva essere indennizzato.

Prese il telefono e chiamò il corrispondente in loco per sapere come fossero realmente andate le cose, ci sono undici ore di differenza di fuso orario e Gianni le rispose con voce assonnata:

” Ah! sei tu, ma sai che ore sono qui?”

“Dimmi della storia della macchina fotografica, il cliente ci ha mandato una lettera di protesta.”

“Rispondi a quel ciccione che se va in palestra e lascia la macchina fotografica sopra un armadietto, non può rompere le scatole a noi, comunque l’abbiamo ricuperata e gliela spediamo a casa”

“ Ah, bene”

In quel momento le si accese una lampadina e se andassi in vacanza a Bora Bora?

“Senti Gianni mi devi trovare due camere singole lì da te.”

“Ma sei impazzita! Di questa stagione!”

E lei risoluta:

“Arrangiati tieni presente che una è per me, domani fammi sapere. Ciao, anzi buonanotte!”

Il giorno dopo Gianni:

“Ascolta, Lidia, camere singole neanche a parlarne, c’è una matrimoniale solo perché un cliente ha rinunciato, decidi in fretta altrimenti sparisce anche quella.”

Ci rimuginò un po’ e si convinse, oltretutto doveva pensare a Valerio e, anche se un po’ dubbiosa, rispose:

“Va bene intanto dammi questa, poi vedremo, ma facci mettere due letti.”

“Sarà fatto signor direttore!”

“Valerio adesso lo sai: a Bora Bora abbiamo la solita camera.”

E con fare disinvolto:

”In alternativa “tu” potresti sempre andare a dormire in barca.”

“Lidia, ma non avevamo firmato una tregua, che è già finita?”

Risero di cuore.

Come si sa lo champagne mette euforia ed il vecchio motto latino “in vino veritas” è sempre attuale.

“Valerio, giochiamo a carte scoperte, ammetto che non mi sei indifferente e di provare una certa attrazione per te, ma considera che sto uscendo da una situazione che non mi consente di essere serena nei giudizi e, soprattutto, non so ancora bene cosa voglia. Non me la sento di cominciare così presto una nuova relazione”

“E chi ti ha detto che io voglia avere una relazione con te?”

Lidia, sul momento ci rimase male, poi, vedendo sulla sua faccia quel sorriso ironico che ormai ben conosceva, gli disse ridendo:

“Ehi, non mi freghi, questa volta sei tu che hai rotto la tregua”

“Sono arrivato a trentacinque anni scapolo e non penserai che voglia iniziare una relazione sentimentale seria solo perché comandi egregiamente il “quasi” Bounty? Anche se, devo riconoscere, che hai tutte quelle qualità che la donna dei miei sogni dovrebbe avere.”

Certamente, pensò, un’avventura con Lidia non sarebbe stata da buttar via, in altri tempi non ci avrebbe pensato due volte, ma ormai era stanco di fare come Bach, toccata e fuga, dopo la fuga non rimaneva niente, solo uno sbiadito ricordo, che il tempo avrebbe rapidamente cancellato.

“Bene.”proseguì Valerio.

”Facciamo un patto: trascorriamo questi giorni di vacanza come buoni amici.

Bora Bora ci offrirà certamente fondali bellissimi da esplorare e l’albergo divertimenti, spettacoli e balli esotici.

Dimentichiamo tutti i nostri problemi esistenziali, tutte le nostre ambasce e divertiamoci, in seguito avremo certamente l’idee più chiare.”

L’avvicinamento a Bora Bora mostrò loro uno spettacolo indimenticabile, c’era un po’ di foschia e, in lontananza, l’isola appariva sospesa tra cielo e mare, come in un sogno dove i contorni sono sfumati, indefinibili.

Bora Bora, che in polinesiano significa "Primo nato", è un grande atollo con una laguna molto ampia, i colori del mare, la spiaggia di finissima sabbia, la vegetazione, la barriera corallina e il panorama sono tali che la realtà supera di gran lunga la nostra immaginazione di occidentali.

Incredibilmente la realtà era più bella del sogno!

Affascinati dallo spettacolo avrebbero voluto fare subito il periplo dell’isola, ma Lidia doveva sbrigare alcune pratiche di lavoro con la direzione dell’albergo ed era già in ritardo di due giorni.

Così sbarcarono, presero possesso della camera, una bella doccia e Lidia a lavorare mentre Valerio cercava il modo di fare uno spuntino fuori orario.

Masticando un ignobile panino, parente stretto di un pezzo di gommapiuma, si mise ad osservare l’istruttrice di vela che, con malcelata aria di superiorità, spiegava ai clienti dell’albergo come ora non capissero niente e come invece sarebbero diventati, con il suo insegnamento, dei novelli Cristoforo Colombo.

Quello che stava dicendo e soprattutto il modo con cui lo diceva, che dimostrava molta lingua ma poca esperienza, non piacque a Valerio e neanche a Lidia che nel frattempo l’aveva raggiunto.

”Lidia, dove l’avete trovata quella? Mentre regatava sul Kilimangiaro?”

“No, sul Monte Rosa non senti come parla?”

Stava imparando rapidamente l’humour toscano, la signora e il divertimento, a questo punto, era assicurato.

Decisero di lasciar perdere e si sdraiarono sulla spiaggia. La famosa abbronzatura, come ben sappiamo, era una priorità assoluta.

Negli alberghi, di questo tipo, c’è l’animazione che organizza spettacoli e giochi e, spesso, impone un tema. Quella serata era dedicata al Charleston.

Vado a mettermi qualcosa che assomigli ad un vestito anni venti, gli disse Lidia, e poi balliamo.

Ritornò con uno scialle messo per gonna con tutti i peneri svolazzanti e, certamente, qualche volatile cercava ancora le piume che lei si era messe in testa.

“Sono pronta: andiamo a ballare.”

“C’è un piccolo problema: io non so ballare il Charleston”

“Ah!“Fece lei delusa. “E cosa sai ballare?”

“Il ballo del mattone!”

“Temevo che l’avresti detto…”

Accanto al loro tavolo c’erano due ragazzi sulla ventina, che avevano sentito i loro discorsi ed uno, più intraprendente, disse all’altro:

“Io vado ad invitare la signora a ballare, al massimo mi dice di no.”

E l’amico:

”Oppure lui ti molla due schiaffoni…”

“Signora, se permette, potremmo fare la gara di ballo insieme.”

Disse il ragazzo con un accento tipicamente partenopeo. Lidia rimase un attimo interdetta ed allora intervenne Valerio:

“Andate, andate a ballare.”

E poi con tono molto serio e cercando di assumere un aria da guappo:

”La signora è mia sorella. Statte accuorto guagliò.”

Il ragazzo sbiancò e Lidia faceva sforzi sovrumani per non ridere, mentre trascinava il ragazzo al centro della pista da ballo.

Più tardi traversando la hall notarono una locandina con su scritto: domani regata di fine settimana, tutti i clienti possono partecipare, per le iscrizione rivolgersi all’istruttrice di vela entro le ore nove.

“Lidia…”

“No Valerio, non possiamo farlo!”

“Si che possiamo, siamo o non siamo clienti? E poi quella ragazza è antipatica e presuntuosa, anche se carina”

La mattina dopo, appena iscritti, l’istruttrice disse:

”Adesso fatemi vedere come armate la barca.”

La barca era un 4,70, la classe in cui Valerio aveva fatto i campionati nazionali di vela, la conosceva talmente bene che avrebbe potuto armarla con gli occhi bendati.

“Lidia passami la corda”

Lì per lì lo guardò con aria interrogativa, poi mangiò la foglia:

“Dici questa? Ma mi sembra che si dica cima.”

“Forse hai ragione, aiutami a mettere la vela. Ma questo è il fiocco o la randa, non lo ricordo mai. Ehi attenta! Quella tavola deve essere la deriva non il timone.”

E facendo sforzi incredibili, per non ridere, continuarono su questo tono.

L’istruttrice, un po’ preoccupata, pensava: tu guarda questi pirla, ci toccherà andarli a ricuperare chissà dove.

”Siete sicuri di voler fare la regata?”

“Si, si, anche se arriviamo ultimi va bene lo stesso, l’importante è partecipare come diceva quel tizio.”

Alla prima boa avevano già distanziato tutti, solo il ragazzo napoletano della sera prima e il suo amico, seppur lontani, stavano regatando bene.

Al lato di bolina, Lidia che era il prodiere, per aumentare la velocità si esibì in spericolate acrobazie al trapezio, con il corpo completamente fuori dalla barca per controbilanciare la spinta del vento sulle vele.

Valerio, guardandola ammirato, pensava che, con un prodiere così, li avrebbe vinti i campionati.

Prima che giungesse al traguardo la seconda barca doveva trascorrere diverso tempo e loro lasciarono, svelti svelti, la deriva sulla spiaggia e non si fecero trovare fino alla premiazione.

“Leggo l’ordine d’arrivo della regata odierna e il direttore dell’albergo consegnerà le coppe ai primi tre equipaggi classificati”

Era il capo dell’animazione che parlava al microfono davanti al tavolo della premiazione:

“Primo classificato l’equipaggio Valerio e Lidia.”

“Secondo classificato l’equipaggio Ciro e Gennaro”

A questo punto Lidia, prendendo il microfono, disse, tra lo stupore generale:

“Vi abbiamo fatto un piccolo scherzo, tanto per movimentare un po’ la vita dell’albergo.

Non possiamo accettare questo premio, perché io sono una skippers professionale e Valerio, l’anno scorso, è arrivato

quarto assoluto ai campionati italiani nella classe 4,70.”

“Ciro e Gennaro: queste coppe spettano a voi e devo dire che andavate molto bene.”

E, con tono divertito, rivolgendosi a Ciro:

”Sicuramente meglio di come ballavi ieri sera.”

Tutti a ridere, solo una persona stava in silenzio ed aveva assunto un aspetto giallognolo violaceo del tipo “color travaso di bile”: l’istruttrice di vela.

“Lidia, forse con quella ragazza abbiamo un po’ esagerato, non ti pare? Adesso la invito al nostro tavolo, le offriamo da bere, le diamo qualche consiglio e smorziamo un po’ l’atmosfera.”

E aggiunse sornione:

”E’ vero che è un po’ arrogante ma, forse, è solo un atteggiamento ed ora, guardandola meglio, devo dire che è una gran bella ragazza, mi piace.”

Lidia annuì, ma in cuor suo dovette ammettere che quelle ultime parole di Valerio, aggiunte al fatto che volutamente guardava le altre donne, le avevano dato oltremodo fastidio. Valerio è un bravo ragazzo si sta comportando, con me, correttamente, come avevamo stabilito, neanche un accenno di corteggiamento, ed io gli sto rovinando le vacanze. In questo stesso albergo avrebbe trovato, con facilità, donne disponibili, come quella signora del tavolo accanto, che se lo stava mangiando con gli occhi.

Una vocina dal suo intimo le suggerì: non sarà che Valerio ti interessi e che tu sia un po’ gelosa?

Più voleva che la ragazza lasciasse il loro tavolo, più Valerio allungava il discorso e sembrava che la corteggiasse. Quando finalmente andò via, con tono seccato:

”Fai il cascamorto con quella ragazza? Potrebbe essere tua figlia!”

“Ti ho dato questa impressione? A parte che non è mia figlia, è maggiorenne, molto disinibita e quasi quasi…..”

Volutamente non finì la frase lasciandola nel dubbio.

Lidia si rese conto di essere su di giri, ma non voleva che Valerio se ne accorgesse e, con finta tranquillità, disse:

“Non ci sono solo belle ragazze, ma anche dei ragazzi niente male.”

“E’ vero, come quei due ragazzi del tavolo di fronte, che si stanno consumando la vista per guardarti, davvero carini. Solo che potrebbero essere tuoi figli.”

Stava per mandarlo a quel paese quando capì che era tutta una montatura, Valerio, si doveva essere reso conto che lei si rodeva: o la stava allegramente prendendo in giro, oppure, forse, voleva vedere una sua reazione per capire quanto fosse interessata a lui.

Una vacanza spensierata, rilassante, forse inusuale per persone adulte, ma che permise loro di smaltire tutte le tossine della cosiddetta civiltà.

Avevano toccato con mano un sogno che invece di svanire al contatto, si era materializzato diventando realtà, l’isola, vagheggiata nell’immaginario per anni, aveva assolto il suo compito.



Le vacanze per quanto lunghe sono sempre troppo brevi ed arrivò il giorno della partenza. Memore della volta precedente Valerio ridacchiando:

”Lidia questa volta a controllare le attrezzature di bordo ci pensi tu, io rifornisco la cambusa.”

Ritornò con al seguito due camerieri stracarichi di scatoloni contenenti ogni bendidio.

“Ma Valerio! Guarda che facciamo rotta per Tahiti e non per Forte dei Marmi!”

Esclamò Lidia.

“Io sono un tipo prudente e previdente, signora.”

“Ed anche famelico“ aggiunse lei.

Al ritorno, volendo fare esattamente il percorso inverso, fecero scalo a Raiatea e l’indomani all’alba presero il largo per raggiungere Maiao.

Questo era il tratto più lungo da percorrere in mare aperto.

Il bollettino meteorologico dava tempo generalmente buono salvo qualche temporale isolato di debole intensità e, non essendo la stagione dei cicloni, il rischio sarebbe stato minimo.

Per maggior sicurezza ricontrollarono l’attrezzatura della barca, tutto era in ordine e decisero di uscire in mare.

Valerio al timone della barca, pensava che tra due giorni sarebbero tornati a casa e che l’avrebbe persa di vista, qualche telefonata sporadica e poi più niente. Tante volte, in altre vacanze, la cosa l’aveva lasciato del tutto indifferente ma, questa volta, si accorse che gli sarebbe dispiaciuto non poco.

In questi giorni aveva avuto modo di apprezzarla e si era chiesto più volte come sarebbe stata la sua vita con accanto lei.

Ma lei che ne pensava? Da come aveva reagito al suo finto interesse per l’istruttrice di vela, lo faceva sperare bene e che, anche lei, si ponesse le sue stesse domande.

Erano circa a metà del percorso, quando si ebbero le prime avvisaglie di un temporale.

“Lidia! Chiudi i boccaporti e vieni al timone, tra poco qui si balla!”

Ebbero appena il tempo di ridurre la velatura che il cielo diventò di un blu scuro, quasi nero, in parte rischiarato dai bagliori argentei dei lampi e si cominciò a sentire il brontolio dei tuoni in rapido avvicinamento.

Improvvisamente il vento si rinforzò facendo increspare il mare intorno a loro, poi aumentò ancora e le increspature divennero onde di tutto rispetto e sempre più alte.

La barca cominciò a beccheggiare e il rollio divenne sempre più forte, il vento di direzione incostante rendeva difficoltose le manovre.

Il cielo era completamente invaso da nuvoloni neri che cominciarono a scaricare acqua, una pioggia torrenziale scendeva di traverso spinta da un forte vento, tuoni e lampi circondarono la barca ed all’improvviso un buio, quasi fosse notte, rendeva indistinguibile il confine tra il cielo ed il mare.

Il vento aumentò così tanto di intensità che gli spruzzi del mare mescolati con la pioggia battente li inzupparono completamente malgrado la cerata ed i giubbotti di salvataggio.

Numerosi fulmini, formando delle scie zigzaganti, caddero vicino alla barca, fortunatamente, senza colpirla.

Il rumore era impressionante, pioggia, vento, tuoni, fulmini e ondate scuotevano tutta la barca facendola vibrare.

Un’onda anomala di prua spazzò tutta la coperta allagando il pozzetto, un’altra di fianco le rovescio sopra quintali di acqua.

Erano in una situazione molto preoccupante, un'altra onda così avrebbe potuto far capovolgere la barca.

Con quel sangue freddo che viene nei momenti di pericolo, in cui è in gioco la vita, riuscirono, navigando in condizioni al limite, se non oltre, delle possibilità della barca, ad evitare di essere travolti dalle onde e Lidia, con la sua esperienza, governava la barca al meglio,Valerio aiutandola a reggere il timone, pensava: “Debole temporale eh! Se trovo quel cretino che ha fatto le previsioni meteorologiche …”

Dopo un’oretta, improvvisamente, cessò di piovere, calò il vento e tornò a splendere il sole ed il mare, seppur ancora agitato, ma in netto calo, divenne più abbordabile.

Fecero una ricognizione alla barca per vedere che non ci fossero danni gravi e poi esausti si sedettero nel pozzetto.

Scampato il pericolo si ha un momento di rilassatezza, tutte le riserve di energie psichiche e fisiche sono esaurite ed affiora un senso di paura per quel che potava essere e che, fortunatamente, non era stato.

Valerio passandole un braccio intorno alle spalle le mormorò:

“Grazie a te c’è andata di lusso.”

Quando le accarezzò i lunghi capelli, ancora intrisi di acqua salmastra, Lidia provò un brivido di piacere. Era da tanto tempo che non provava quella sensazione e si chiese se fosse un segnale che la sua parte irrazionale le lanciava, a dispetto di quella razionale che la consigliava di attendere.

Si voltò verso di lui, lo guardò negli occhi e questa volta si lasciò baciare, un lungo bacio appassionato e poi….

Lidia:

”Dai, Valerio, smettila di raccontare, qui ci sono l’ammiraglio e tanta altra gente mi fai vergognare”

“Ma cara volevo solo aggiungere che abbiamo prolungato le vacanze di una settimana.” E sorridendo: “Naturalmente solo per finire le scorte dei viveri! Un’ ultima cosa: la bella notizia sul tuo avanzamento di carriera.”

Valerio continuò dicendo che Lidia era triste pensando al rientro a Trieste, non perché non amasse la sua città natale, ma per l’angoscia di rivedere il suo ex marito e pensava che sarebbe stato opportuno per lei cambiare città. Sapeva che nella filiale toscana della sua società l’attuale direttore andava in pensione e sarebbe stato bello essere trasferita a Firenze, ma era troppo giovane per questo incarico e il dott. Giorgetti difficilmente glielo avrebbe affidato, oltre tutto comportava un avanzamento di carriera.

“Giorgetti? Ma chi Fabio?”

“Si Fabio è il direttore commerciale per l’Italia”

“Ma lo sai che Fabio, il suo fratello ed io abbiamo condiviso l’appartamento quando facevamo l’università! E’ un amico e poi suo fratello lavora con me, dammi il numero che gli telefoniamo.”

Dopo numerosi tentativi:” Ciao Fabio, sono Valerio “

“Valerio quale buon vento, vecchio scapolone mangia donne! “

“Guarda che sei in vivavoce modera le parole, che figura mi fai fare!”

“E’ un po’ che non sento mio fratello come si comporta?”

“E’ il miglior ingegnere di servomeccanismi che esista, riesce a realizzare tutte le mie idee, anche quelle che sembrano impossibili. Senti sono in barca in un atollo vicino a Tahiti insieme ad una tua collaboratrice: Lidia. Ti dobbiamo chiedere un favore.”

“A Tahiti! Con Lidia! Brutto mascalzone! Ecco perché non riuscivo a trovarla, passamela che le devo chiedere una cosa importante.”

“Lidia, ma non eri sposata?”

“Hai detto bene “ero”, sono in attesa di divorzio.”

“Bene, bene… ehm scusa ho fatto una gaffe, ma questo divorzio agevola quello che volevo chiederti. Dobbiamo sostituire il direttore di Firenze e tu sai quanto sia importante, per noi, quella filiale.

Ho mandato all’amministratore delegato i curriculum dei nostri migliori dirigenti ed indovina chi a messo in testa alle preferenze? Si proprio tu! Oltre ad un congruo aumento di stipendio c’è un notevole avanzamento di carriera. Ti do tempo tre secondi per rispondermi. Allora che fai? Accetti?”

“Proprio perché sei tu che me lo chiedi farò questo sforzo: ok accetto.”

“Benissimo, allora tra quindici giorni vieni a Roma che mettiamo tutto per iscritto, ciao a presto. Aspetta un momento che favore mi volevate chiedere?”

Intervenne Valerio:

”Fabio non ti preoccupare una cosa da niente, ne parliamo a Roma.”

“Un momento non me la raccontate giusta. Ma che stupido a non capirlo prima! Lidia vuol andar via da Trieste, sa che si libera un posto a Firenze, tu risiedi in Toscana: tutto chiaro come due più due fa quattro! Vi conosco bene entrambi ed una cosa mi sfugge: se è Lidia che è caduta nella tua rete oppure è Lidia che ti sta rosolando come un pollo allo spiedo ….

Va bene, va bene non mi mandate a quel paese ci vado da solo.” E ridendo riattaccò il telefono.

“Ammiraglio: questo è tutto o quasi…”

“Ha ragione Lidia non devi aggiungere altro, tanto si vede dalla vostra gioia e dalla luce dei vostri occhi che siete felici.”

E poi soggiunse:

”Sono felice anch’io perché ho acquisito una nipote e dovrò rivedere le mie teorie sulle donne marinaio: Lidia è stata bravissima. Ricordo che in una situazione analoga quando comandavo il Vespucci ….”

Non poté finire perché li salvò dall’ennesima replica di quella storia Vostok che, con voce stentorea, annunciò:

”Venite il pranzo è pronto”.

Questa volta, messa da parte ogni tirchieria, aveva fatto le cose in grande: un ottimo pranzo a base di pesce e certamente più appetitoso di quello dei cuochi polinesiani. L’ammiraglio volle offrire lo champagne e poi, in allegria, fecero baldoria tutto il pomeriggio.

La sera a casa, nell’interno della cupola, seduti su un divano guardavano il cielo stellato e Valerio ordinò ad Hal 9000: “Musica leggera in sottofondo” e Lidia iniziò a parlare:

“Valerio, fino ad oggi ho vissuto in modo sbagliato, mi ero dedicata al lavoro e, dovendo competere con gli uomini, per dimostrare di essere migliore e più efficiente, avevo smarrito il senso della mia vita di donna. Aggiungi che il mio ex marito, nella sua allucinante gelosia, non aveva capito che il suo nemico non era un’eventuale amante, che non c’è mai stato, ma il mio lavoro e non ha saputo darmi quell’affetto di cui, inconsapevolmente, avevo bisogno.

Tu mi hai fatto riscoprire la mia vera natura che è quella di essere per prima cosa donna, mi hai fatto scoprire cosa voglia dire veramente amare un uomo e nello stesso tempo esserne riamata, mi hai fatto capire che l’emozione fisica deve essere accompagnata dal sentimento.

Ti devo fare una confessione ricordi cosa accadde quella sera dopo la tempesta?”

“Certamente che lo ricordo! Dopo aver cenato andasti nella tua cabina e, cosa che non avevi mai fatto, ti chiudesti a chiave.”

“Dopo il bacio che ci eravamo dati ero molto confusa e così provai a telefonare a Delia, riuscii miracolosamente a prendere la linea”

“Delia sono nei guai per Valerio oggi ci siamo baciati, ma dopo cena sono entrata nella mia cabina e mi ci sono chiusa dentro a chiave, mai l’avevo fatto in questi giorni.”

“E Valerio come l’ha presa?”

“Mi ha sentito ed anche lui, facendo rumore in modo che me ne accorgessi, si è chiuso a chiave nella sua cabina.“

Delia ridendo:”Grande Valerio ti ha dato una bella lezione! E adesso tu non sai cosa fare vero?”

“Già proprio così.”

“Senti Lidia, ti devi decidere o Valerio non ti piace e non ti interessa allora mettiti a dormire e non ci pensare più, altrimenti vai a bussare alla sua porta e chiedigli scusa, se ti apre, cosa che dubito che faccia, se ho ben capito il suo carattere.”

“Allora se non mi apre che faccio?”

“Rientra nella cabina e lascia la porta ben spalancata, questa volta! Vedrai che dopo un po’ ti viene a chiedere se hai bisogno di qualcosa. Se hai deciso che ti piace e che può essere l’uomo giusto abbraccialo e dagli un bacio. Se decidi di andarci a letto, non ti tirare indietro all’ultimo momento! Perché se poi ti fa a fettine e le getta in pasto agli squali avrebbe tutta la mia comprensione! Sei tu che devi decidere, cara sorellina.”

“Valerio quando non mi apristi ci rimasi male ma seguii il consiglio di Delia e quando entrasti nella mia cabina provai una forte emozione. L’abbraccio ed il bacio sono stati spontanei e quando mi è scivolato via anche l’ultimo indumento ed ho sentito le tue mani accarezzarmi dolcemente ho perso ogni cognizione ed ho provato… Ehi non farti illusioni e non darti delle arie: l’ho fatto solo perché avevo paura che tu mi gettassi in pasto agli squali!”

“Ma tesoro mai e poi mai avrei potuto gettarti in pasto agli squali, non lo sai che i pescecani sono una specie protetta e che è vietato dar loro bocconi velenosi!”

“Brutto cattivo! Antipatico!” E facendo l’atto di divincolarsi dall’abbraccio si lasciò invece cingere ancora più strettamente.

“Valerio dammi un bacio e facciamo pace, sono immensamente felice di averti incontrato.”

Appoggiando il capo sul suo petto, chiuse gli occhi, quasi intimorita che questa felicità svanisse e ritornasse ad essere solo un sogno.

Hal 9000: “Musica classica, Beethoven sonata al chiaro di Luna” “Ok Valerio”

La visione dell’ immensità del cielo stellato e le note della musica creavano un’atmosfera immateriale, dove i pensieri, finalmente svincolati dalla realtà contingente, s’impadronirono, in tutta libertà, della mente di Valerio che, abbracciato affettuosamente a Lidia, rifletteva: “Ho realizzato il sogno dell’isola dei sogni, ho realizzato il sogno dell’amore, ma non so se riuscirò a realizzare l’ultimo sogno: quello della conoscenza.”

La conoscenza era l’anello mancante al suo essere uomo, aveva risolto il problema del contingente con il lavoro, aveva risolto quello dell’irrazionalità con l’amore, rimaneva la ragione.

I primi due sogni, anche se fossero rimasti nell’ immaginario, rappresentavano l’aspirazione al bello, alla gioia e alla felicità, il terzo era un tormento quasi un incubo.

Ricordi letterari riaffiorarono alla sua mente con i versi:

“Vaghe stelle dell’Orsa”

“Che fai tu Luna in ciel?”

“….. così tra questa

immensità s'annega il pensier mio:

e il naufragar m'è dolce in questo mare.”

Leopardi e la sua fede nel Nulla.

E poi Dante e la sua fede nel Tutto:

“…e quindi uscimmo a riveder le stelle”

Ed ancora:

” fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e conoscenza.”

Senza conoscenza si vive come bruti, questo era il pensiero di Dante e questo era anche il pensiero di Valerio. Ma come arrivare a questa conoscenza?

Leopardi o Dante? Il credere, come Dante, semplifica tutto: un Dio che è l’alfa e l’omega, il principio e la fine di ogni cosa, risolve ogni problema umano di esistenza, di coscienza e di conoscenza.

La ragione, invece, insinua continuamente dubbi ed il sogno e, nello stesso tempo, il tormento di Valerio, era di poter capire i perché della vita: perché esistiamo? Perché siamo qui? Perché nasciamo e perché moriamo?

Capire quale fosse il fine ultimo, il fine più recondito del nostro breve passaggio sulla terra.

Siamo fatti di spirito e di materia o solo di materia?

La nostra presenza sulla terra è casuale o la dobbiamo ad una mano invisibile?

Leopardi o Dante?

Oppure l’incertezza di non saper decidere se credere o non credere.

Sono migliaia di anni che l’uomo si pone queste domande e sono state date svariate risposte, quasi tutte dogmatiche, ma nessuna definitiva ed aldilà di ogni dubbio.

Nessuna certezza se non quella che, il giorno che si realizzerà il sogno della conoscenza, sarà, inevitabilmente, anche l’ultimo giorno della vita.

Con la morte si avrà la vera conoscenza: o il Nulla o il Tutto.

Questa considerazione così cupa interruppe i suoi pensieri e, scuotendo la testa, quasi a volerli scacciare, alla delicata luce della Luna, guardò il volto felice di Lidia che, addormentandosi, si era stretta ancor più a lui.

“Hal 9000 che ore sono?”

“Sono le ore ventitre, Valerio”

Nello stesso istante un boato tremendo e tutto scomparve.



Telegiornale della sera.

Dal nostro inviato.

Si sono svolti oggi i funerali delle due vittime italiane perite nell’incidente aereo a Bora Bora di quattro giorni fa.

Come ricorderete in Italia erano le ore ventitre quando l’aereo precipitò in fase di atterraggio causando la morte di tutti i passeggeri. I corpi dei due italiani, un uomo e una donna, furono ritrovati ancora abbracciati.

Ascoltiamo le dichiarazioni della sorella della vittima:

“Mia sorella Lidia ed il suo amico Valerio, avevano riposto in questo viaggio tutti i loro sogni, le loro aspirazioni, le loro ambizioni, i loro desideri, la loro gioia di vivere e soprattutto il loro amore che stava per sbocciare.

Tutto questo è durato solo venti ore di aereo, sono commossa e sconvolta per questa tragedia e ho deciso di farli tumulare nella stessa tomba qui a Bora Bora.”

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lunedì 29 novembre 2010

1960         
Una parigina a Livorno
Racconto inattuale
pubblicato nell'antologia Le Storie di Ioraccconto Assopiù editore


Gli episodi della vita che oggi sono diventati inattualità persistono nel proprio vissuto come attualità. Un racconto inattuale, un po' antico e sicuramente demodè, che vuol mettere in evidenza la diversità tra fare all'amore e fare sesso, fra accontentarsi e drogarsi, fra il gioire del poco e la noia mortale del tutto scontato.

Ambientato a Livorno con una breve descrizione della città che viene considerata, a torto, dai turisti solo un porto dove imbarcarsi per le isole.Il toponimo è attestato per la prima volta nel 904 come "Livorna", ma la città attuale fu fondata tra la fine del ‘500 e l’inizio del ’600 dai Granduchi di Toscana, Cosimo 1° e Ferdinando 1° dei Medici. Uno sguardo alla città e soprattutto al chilometrico lungomare, vale la pena di darlo.
Malgrado che fossero gli anni del boom economico e della rinascita del dopo guerra l’Italia rimaneva ancora un po’ bigotta e provinciale. Un ragazzo ed una ragazza uscivano da soli la sera soltanto se erano fidanzatissimi, con tanto di anello, e in procinto di sposarsi. Un fidanzamento semiufficiale comportava delle lunghe e noiose serate a “seggiola” in casa dell’amata seduti, nel migliore dei casi su un divano, accanto ai suoi genitori che, guardinghi come dobermann, imponevano di vedere Mike Buongiorno in tv. Tutti gli altri ragazzi si dovevano accontentare di attimi rubati durante le numerose “vasche” pomeridiane in su e giù per le vie del centro e, se andava bene, nella penombra di quelle laterali, scambiare qualche fuggevole bacetto. Per i più fortunati possessori di uno scooter, una corsa in "camporella" con la ragazza. Un po’ di libertà in più al mare in estate che è una stagione sempre troppo corta….
 
      A 18 anni avere una zia, anche se acquisita, francese e di Parigi, non eracosa molto comune, ma la fortuna era che aveva una nipote di 21 anni: Françoise.

      Erano i tempi d’oro della mitica Saint Tropez, della Brigitte Bardot ed associare una ragazza francese all’attrice era quasi scontato.
     Un pomeriggio Françoise arrivo con la sua Citroën 2CV, beh, non era proprio la Bardot ma aveva i capelli biondi e lunghi ed era straniera: tanto bastava per suscitare l’invidia degli amici e per pavoneggiarsi in giro.
Non gli riuscì di convincere suo padre a prestargli la macchina, una fiammante e potente Lancia Flaminia coupè. Il genitore non aveva tutti i torti perché l’aveva visto “gasato a mille” e si era giustamente preoccupato. Con finta non curanza il figlio gli fece notare che la “sua” zia era anche la “di lui” cognata e che si stava sacrificando per portarne in giro la nipote. “Ah! Così ti staresti sacrificando? Raccontala meglio” disse e ridendo gli allungò delle banconote come viatico.
            Dalla Flaminia alla 2CV c’era una bella differenza ma, potenza del denaro appena intascato, pensò che dalla vita non si può avere tutto.

           Così il giorno dopo cominciarono il giro della la città e dei dintorni. Era primavera inoltrata e a bordo della 2CV, con la capotte aperta, era un piacere viaggiare.
          Quando si ha un ospite lo si porta a visitare i luoghi più suggestivi della città e così passarono davanti alla Fortezza Vecchia, che delimita la darsena dell’antico porto mediceo dove oggi sono ormeggiate barche da pesca e da diporto, oltre a quelle della guardia costiera e della finanza.
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           Prospiciente alla banchina si erge il monumento simbolo di Livorno: il monumento ai Quattromori, raffigurante quattro saraceni catturati dal Granduca Ferdinando la cui statua marmorea sovrasta il gruppo bronzeo.
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                   Dopo il cantiere navale inizia il lunghissimo lungomare sul cui percorso si incontrano la terrazza Mascagni, da dove si possono vedere in mezzo al mare le secche della Meloria, le stesse da cui prese il nome la famosa battaglia del 6 agosto 1284 tra le repubbliche marinare di Pisa e Genova, di seguito l’ Accademia Navale, la rotonda di Ardenza e poi, attraversato Antignano, ci si ricongiunge con l’antica strada aurelia.
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           Percorrendo questa strada verso sud e risalendo lungo il Romito, si può vedere una scogliera di pietra color rosa arancio di rara bellezza, dalla quale si accede ad un mare dalla trasparenza cristallina, di colore cangiante, secondo la profondità e secondo l’ora del giorno, dal blu dei punti più profondi al verde di quelli più bassi.
           Vi si incontrano, quello che un tempo furono fortificazioni costiere come, il Castel Boccale, la Torre di Calafuria e il Castel Sonnino. E’ il famoso tratto d’ aurelia dove hanno girato il film “Il sorpasso” con Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant.

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           Sotto il Castel Sonnino, in una fenditura nella costa quasi fosse stata scolpita da un gigantesco unghiolo, si dispiega la cala del Leone.
           Ottimo posto per fare il bagno, quando il mare è calmo e si sa nuotare bene…..
          “Tres tres jolie” esclamò Françoise e con quel francese tipico dei parigini, veloce ed infarcito di parole in argot, che spesso metteva a dura prova il suo accompagnatore, disse:”allons-nous nous plonger dans les vagues.” Per fortuna le vagues, cioè le onde non c’erano, solo un po’ di risacca, ma non c’erano neanche i costumi da bagno. “Le maillot de bain ? il n'est pas nécessaire.”
           La giornata era calda ed invitante ma dover spiegare che l’Italia di quei tempi non era Saint Tropez e che il costume era più che necessario, non fu facile e soprattutto imbarazzante. Fare il bagno nudi su una spiaggia aperta a tutti, come era quella, si rischiava, come minimo, una denuncia per atti osceni in luogo pubblico.
           Si guardarono intorno, in quel momento non c’era nessuno, e decisero di farlo in slip, per quanto fossero succinti, erano sempre meglio di niente, al massimo una reprimenda o una multa. Lui si tuffo tranquillamente e così anche Françoise che non si era resa conto di quanto fosse profonda l’acqua. Non sapeva nuotare e , in quel punto, non si toccava.
           La ragazza, annaspando per la paura, cominciò a bere, lui tornando rapidamente indietro si avvicinò per aiutarla. In preda al panico, gli strinse le mani intorno al collo sospingendolo sott’acqua senza lasciarlo respirare.
           Fortunatamente si ricordò del trucco insegnatogli da sua madre, provetta nuotatrice, ed invece di cercare di riemergere si lasciò andare ancora più giù, Françoise, sentendosi trascinare verso il basso, lasciò la presa. Questa volta, prendendola alle spalle e passandogli il braccio intorno al collo, la trascinò a riva.
          Vedendola così spaurita e dispiaciuta le accarezzò i capelli e sollevandole il mento, la guardò negli occhi dicendo un rassicurante e dolce:”comment ça va?”
          Si sdraiarono sulla sabbia con la radiolina sintonizzata su una stazione per giovani che diffondeva la musica più in voga e, mano nella mano, si asciugarono al sole.
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      Era un giorno feriale ed il ristorante a picco sul mare era tutto per loro. Una posizione incantevole con visuale sulle scogliere dove l’alternanza di luci ed ombre creava effetti emotivamente coinvolgenti. I due ragazzi, pur ammirando lo spettacolo, si guardarono più volte intensamente negli occhi: erano quel tipo di sguardi che sono l’anteprima dell’amore.
    Al ritorno presero la strada che passa alta sul mare attraverso le colline e si fermarono all’ombra dei pini in uno di quei piccoli spazi isolati e tranquilli dove, le coppiette d’ innamorati, potevano scambiarsi le loro effusioni.
         
      All’imbrunire, tornando in città, si fermarono ad ammirare uno spettacolare tramonto, fatto non inconsueto alla terrazza Mascagni. Sono quei tramonti in cui i raggi del sole rifrangendosi nel mare e nell’atmosfera dipingono il cielo e le nubi con effetti cromatici irripetibili e, immancabilmente, riportano alla mente i versi : ” …..l'ora che volge al desìo e ai naviganti intenerisce il core". Ma non solo ai naviganti. 

    Appoggiati alla spalletta prospiciente al mare ed ammirando lo spettacolo che la natura donava, lei, abbracciandolo teneramente, gli dette un bacio, sussurrandogli: “merci, mon amour. Merci beaucoup.”